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LIBRO> Chi sono io per giudicare?

Un testo per i cristiani LGBT, i loro genitori e i pastori che li accompagnano

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  1. roby42
     
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    "Sicut cervus"

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    L'ho scaricato e lo sto leggendo attentamente. Devo dire che mi è piaciuta e concordo con la prima parte, quando fotografa la realtà della nostra condizione e i percorsi che si sono attuati di ascolto e di accoglienza sia verso i giovani che alle famiglie. Concordo che esiste una non conoscenza di un mondo che è anche poliedrico. Interessante anche quando, affrontanto l'argomento, ci si trova poi a chiedersi: "questo è peccato o no"?, dovendo poi dare un giudizio morale. Perchè la gerarchia - questa è una mia impressione - avrà difficoltà una volta riconosciuto che noi non scegliamo la nostra condizione, a doverla poi "governare". Mi lasciano invece perplesso alcune conseguenze che se ne traggono, e mi riferisco alla lettura e alla interpretazione delle Sacre Scritture. E' vero che i teologi sono chiamati ad approfondire il significato dei vari passi, ma tutto questo non è sganciato dal Magistero della Chiesa. Il lavoro dei teologi può essere un servizio che si rende, ma il giudizio finale è del Magistero. Altrimenti ognuno ne può trarre le proprie conclusioni. Resto sempre del parere che a noi spetta pro-vocare, creare opportunità di incontri, perché far conoscere la nostra condizione è il primo passo perché la Chiesa possa dare un nuovo giudizio.
    Nei prossimi giorni avrò la possibilità di confrontarmi con un caro amico sacerdote che non conosce la mia condizione. E' un altro passo, ma credo che questa sia la migliore modalità.
     
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3 replies since 22/3/2017, 19:07   141 views
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